Attore. Nato a Fontana
Liri, Frosinone, nel 1924.
Sin da piccolo ebbe la possibilità di fare comparsate in film come La
corona di ferro (1941), di Blasetti, e I bambini ci guardano (1943),
di De Sica. Più tardi, iscrittosi alla facoltà di Economia e
Commercio, calcò le scene con i gruppi del Centro Universitario
Teatrale. Notato da Luchino Visconti, ottenne importanti ruoli nei
suoi lavori teatrali: Un tram che si chiama desiderio (1949), Morte di
un commesso viaggiatore (1951), La locandiera (1952), Le tre sorelle
(1952). Nel frattempo collezionò una serie di apparizioni sullo
schermo. Il film che rivelò alla critica e al pubblico i suo talento
fu Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), di Luciano Emmer, che lo
aveva già diretto in Domenica d'agosto (1950): Mastroianni si rivelò
particolarmente adatto alla delicata introspezione di un cinema che
stava a metà strada tra il neorealismo e la commedia all'italiana.
Questa sua predisposizione venne confermata in Giorni d'amore di De
Santis, dove egli potè rivivere le sue origini ciociare in una chiave
di lieve comicità. Blasetti e Lizzani gli affidarono anche ruoli
drammatici, ma egli sembrava più incline alla commedia: la sua
immagine di ingenua onestà si legava bene alla malizia femminile
della giovane Sophia Loren. I due fecero coppia in diversi film, ma i
risultati migliori li ottennero in Peccato che sia una canaglia
(1954), e La fortuna di essere donna (1955), entrambi diretti da
Blasetti. Parallelamente, Mastroianni proseguì in teatro la
collaborazione con Visconti, che nel 1957 gli offrì anche il ruolo
principale in uno dei suoi migliori film, Le notti bianche, tratto da
Dostoevskji. Subito dopo tornò alla commedia all'italiana con I
soliti ignoti, uno dei capolavori del genere. Fotogenico come pochi,
Mastroianni è attore dal talento non comune: oltre a possedere
innegabili doti interpretative, ha il merito di non legarsi ad alcun
stereotipo (a differenza di tanti altri attori della sua generazione).
I primi segni della maturità rinvigorirono il fascino della sua
immagine e La
dolce vita (1960) lo consacrò come l'antieroe del nuovo decennio:
il suo sguardo di sfinge incarnava il turbamento intellettuale di
un'epoca di crisi. In Otto
e mezzo, Federico Fellini se ne servì per un celeberrimo
autoritratto. Ma anche Bolognini (Il bell'Antonio, 1960), Antonioni
(La notte, 1961) e Zurlini (Cronaca familiare, 1962), gli affidarono
ruoli difficili e complessi. Mastroianni non rinnegava però la sua
vis comica e toccava tutte le corde dell'umorismo, da quello più
gentile e garbato (Fantasmi a Roma, 1961), a quello più corposo (Divorzio
all'italiana, 1962). Il suo sodalizio con la Loren, ormai star
consacrata dall'Oscar, si rinnovava più volte e con ottimi risultati,
soprattutto in Ieri, oggi e domani (1963), I girasoli (1960) e Una
giornata particolare (1977). Anche negli anni '70, egli fu
l'interprete più amato dagli autori del cinema italiano. Marco
Ferreri ed Ettore Scola lo vollero protagonista in molti dei loro
film: da Permette? Rocco Papaleo (1971), a La grande abbuffata (La
grande buffe, 1973), da Ciao maschio (1978), a La terrazza (1980). Le
caratterizzazione di Mastroianni erano sempre sapide e rispettose
delle indicazioni degli autori. Pur senza mai prevaricare i suoi ruoli,
Mastroianni si affermò come una delle maggiori personalità che il
cinema italiano abbia prodotto nel dopoguerra. Anche quando è
maschera di se stesso, come nella nostalgia felliniana di La
città delle donne (1980) e di Ginger e Fred (1985), egli sa costruire con pazienza e modestia il suo
personaggio, cominciando ogni volta da zero. Forse è per questo che
anche i registi delle nuove generazioni continuano a servirsi di lui:
Marco Bellocchio, ad esempio, gli ha affidato un difficile ruolo
pirandelliano nell'Enrico IV (1984). Naturalezza, ironia e senso della
misura sono le inossidabili armi di Marcello Mastroianni.
Marcello Mastroianni si spegne il 19
dicembre 1996 nella sua casa di Parigi.